26/03/17

CARPENTER BRUT - Trilogy



"Da un angolo del divano, Lord Henry Wotton giaceva disteso tra i cuscini persiani e, fumando come sempre una sigaretta dopo l'altra, poteva scorgere a mala pena lo splendore dei fiori di citiso [...]" (Oscar Wilde, "Il ritratto di Dorian Grey")



(2015, Black Bus Records./synthwave, darksynth, elettronica)



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Carpenter Brut – moniker dietro cui si nasconde Frank Hueso - è un artista francese di musica elettronica, di cui non si conosce molto, al di là delle sue creazioni musicali. Nell’arco di tre anni ha pubblicato tre EP, poi riuniti sotto il titolo “Trilogy”.
Il genere di riferimento è la synthwave, emerso nella metà degli anni 2000, che affonda le radici in un revival della new wave degli anni 80 e nelle colonne sonore di film, videogiochi e cartoni animati dell'epoca, e per questo talvolta denominata anche “new retro wave”. Nomi come Kavinsky e Pertubator sono nati proprio in seno alla synthwave.

La narrazione di Carpenter Brut risulta essere parecchio interessante in quanto non di semplice rilettura di quegli stilemi si tratta, bensì di melting pot infarcito di varie influenze, a partire dal french touch, da cui sembra aver assimilato soprattutto la lezione dei Justice di “Cross”, ma anche, talvolta, da un tocco funky (si ascolti, a questo proposito, “Disco Zombi Italia), da un'allure cinamatograficoa e un’atmosfera che è insieme rétro e futuristica. L’artista francese sembra nutrire un’idiosincrasia per le sonorità pop e infatti l’unica concessione a questo riguardo la troviamo in “Anarchy Road”, sublimazione apocalittica, mentre tutto il resto si muove entro una sensibilità gotica, a tratti sinistra, groove ipnotici, bassi grassi, synth distorti e un appeal da dancefloor. Frequenti anche i cambi di mood e di tonalità, atti a rendere più coinvolgenti i brani.



Le canzoni dei tre EP avanzano entro scenari ben definiti, che evocano un futuro prossimo distopico e decadente, in cui persone e fors'anche replicanti popolano oscure e delittuose città alle volte illuminate di rosso e di blu; nonostante quasi tutte le tracce siano esclusivamente musicali, è possibile coglierne le vibrazioni: desolazione umana, guerre, criminalità diffusa, rapporto conflittuale con la tecnologia, esoterismo e simbolismo. Un assaggio dell’estetica visionaria di queste canzoni lo si ha nel video di “Turbo Killer”, diretto da Seth Ickerman: potente, viscerale, febbrile, come la canzone in sé, che potrebbe tranquillamente essere letta anche in chiave rock. 

Una trilogia imprescindibile nell'ambito della synthwave, che ha il grande pregio di non perdersi nostalgicamente nelle pieghe increspate della rievocazione, ma di riuscire a dare nuova linfa al genere, con un'impetuosità horror e un'urgenza creativa che vi sarà impossibile non amare.








(25/03/17)



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