02/02/16

HALSEY - Badlands




"L'anima piccola nella buona sorte si esalta, nell'avversa si annulla" (Epicuro, "Scritti Morali")




(2016, Atlantic./ Pop)



Ho pubblicato l'articolo "HALSEY - Badlands" sulla webzine "Ondarock" a questo link: click.




Nonostante "New Americana" sia in rotazione nelle nostre radio già da un po', il disco d'esordio di Ashley Nicolette Frangipane, in arte Halsey, è sbarcato nel Belpaese solo ieri. Undici tracce in cui convivono un'anima pop e una indie, ma quest'ultima sembra essere qui solo una veste da indossare per provare a ricevere approvazione, piuttosto che una vera e propria attitudine.
D'altro canto è vero pure che ultimamente stiamo assistendo a questa progressiva fusione tra mainstream e indie, soprattutto nell'universo musicale femminile, con una propensione verso la prima delle due, intendendo l'anima indie solamente come posa e non come spirito artistico. "Badlands" rispecchia tutto questo e anche di più: si tratta, in buona sostanza, di un disco pop fatto male. Ma non ditelo alle teenager arrabbiate, uniche fruitrici di questo lavoro: vi diranno che è "alternative". 

Già la prima canzone di "Badlands" è abbastanza per farci intuire in quali lidi siamo approdati: "Castle" dovrebbe, infatti, portare i credits di "Yellow Flicker Beat" di Lorde, ampiamente saccheggiata (e banalizzata) anche altrove in questo album. Per non parlare, poi, del tentativo di assumere le fattezze di una Lana Del Rey di Tumblr, con testi improntati alla libertà individuale, sempre vista con sguardo inquieto, e con l'America sempre protagonista, il tutto immerso però in parole banali, plastiche e forzate (l'invettiva da donna vissuta contro la fama presente in "Hold Me Down" risulta un tantino esagerata per una ventunenne al disco d'esordio, qualcuno avrebbe dovuto farglielo notare). È infatti la Lana Del Rey di "Born To Die" la musa, se così si può dire, di "Badlands", e da lì vengono ripescate le pulsioni trip-hop e le ingenue costruzioni sonore, che qui risultano però tutto fuorché autentiche. Pensiamo alla già citata "New Americana", che dovrebbe essere il pezzo forte del disco: musicalmente attinge senza decoro dagli scarti di Lizzy Grant ("National Anthem"), mentre concettualmente vorrebbe elevarsi, risplendere della propria ambizione, raccontando la standardizzazione di alcuni aspetti della controcultura americana; la verità è che si tratta né più né meno che di un inno per ragazzine hipster con sigaretta in bocca, maglietta dei Nirvana e frasi pseudo-filosofiche sulle foto di Facebook. In più, la rima "Americana/Marijuana/Nirvana" è tra le più brutte mai sentite. E in pezzi come "Roman Holidays" e nell'appiccicosa "Hold Me Down", che fa il verso a Melanie Martinez, altro fantasma ricorrente, la dimensione bimbominkiesca assume proporzioni troppo invadenti per poter essere tollerata.




 A peggiorare la situazione è la voce stucchevole, nasale e incolore della cantante, che tenta - anche qui - di rubare l'andamento abulico a Lana Del Rey e Lorde, con risultati miserevoli, e risulta peggiore - se possibile - nella versione album delle canzoni piuttosto che nelle esibizioni live. E per questo bisogna ringraziare anche la produzione più che banale di questo lavoro. Volendoci riprendere da tutte queste scopiazzature venute male, è possibile citare due brani riusciti in "Badlands", probabilmente gli unici ad avere uno sprizzo di personalità: il primo è "Ghost", già presente nel precedente Ep "Room 93", il che spiega già molte cose. Con il suo incedere uggioso e il ritmo irresistibile, il tutto corredato da un video lesbo-jappo-chic ben realizzato, "Ghost" si conferma il miglior pezzo del disco e il solo meritevole di essere ascoltato, insieme a "Drive", poiché entrambi riescono nell'impresa che l'album, nella sua interezza, fallisce, ossia tratteggiare un romantico scoramento giovanile, grigiastro e inquieto. Ma due canzoni non bastano a salvare l'esordio di Halsey, un disco tra i più anonimi, ruffiani e inconsistenti dell'anno, privo di qualsivoglia idea, capace solo di annegare l'ascoltatore in déjà vu continui e tediosi. E se è vero, come si dice, che alla gente piace riconoscere e non conoscere, ecco spiegato il successo di "Badlands".







(02/02/2016)



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